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“Si può fare di più…“ (Alcune riflessioni critiche)

di Maria Luisa Manca

(Consigliere Ordine degli Psicologi del Lazio eletta nella lista SIPAP)

 

Colgo l’occasione per condividere con voi alcune riflessioni, frutto dell’esperienza fatta all’interno del Consiglio degli Psicologi del Lazio con il gruppo SIPAP che, come noto, è attualmente gruppo di minoranza all’interno del Consiglio stesso.      

Ciò di cui mi occupo è il settore della psicoterapia come professione e come formazione.  Sono stata spinta, per questo motivo, a proporre la mia candidatura e ad assumere tale incarico nella speranza e nell’aspettativa di pormi all’interno di un programma di forte e mirata espansione della professionalità sia dello psicologo, sia dello psicoterapeuta.

Presupposto per realizzare questa aspettativa, che ritengo sia condivisa da molti di noi, è il poter dare un largo spazio allo sviluppo di un discorso scientifico, ad una politica culturale non miope ed angusta, alla valorizzazione di risorse creative in vari aspetti della professione. Occorre cioè che sia rivolta una attenzione equilibrata tra queste istanze e quelle che vengono da esigenze di tutela “sindacale” dei diritti di chi svolge nel pubblico e nel privato la nostra professione.

Ciò che in particolare più mi preme è l’apertura con tutti voi di una sobria e costruttiva, ma anche urgente e non omissiva, riflessione su quanto di tutto questo è stato affrontato nel lavoro del Consiglio dell’Ordine di questi anni.

Più specificamente, visto l’incarico che ricopro per la fiducia da molti di voi a suo tempo accordatami, vorrei soffermarmi sul livello di adeguatezza mostrato dall’attuale maggioranza “governante” del Consiglio nell’adempiere al suo compito, istituzionale e non certo secondario, di sostenere e promuovere aree centrali e strategiche per la qualificazione e valorizzazione del nostro ruolo nella società.

In proposito ci sono alcuni punti, tra i numerosi possibili, sui quali ritengo doveroso e necessario porre l’attenzione i tutti noi.

2.

Proviamo a porci una serie di domande, quali, ad esempio:

-         l’Ordine del Lazio, vista la rilevanza numerica dei suoi iscritti ( e quindi anche le risorse economiche proporzionalmente a sua disposizione), ha svolto il ruolo trainante e di eccellenza che oggettivamente dovrebbe in questo ambito ricoprire e che anche le risorse gli avrebbe permesso di svolgere?

-         ha promosso in modo almeno adeguato e sufficiente sul territorio e presso le istituzioni, politiche di sostegno e di qualificazione della professione e della sua immagine in termini di rilevanza scientifico-culturale?

-         al suo interno ed anche per questi fini, ha ritenuto di potersi (e doversi) avvalere dei contributi, non solo operativi, delle sensibilità che potevano venire da risorse appartenenti alla minoranza eletta, per poter quindi più efficacemente ed efficientemente perseguire il superiore interesse comune?

Purtroppo, sulla base della mia diretta esperienza, penso che la risposta debba essere prevalentemente negativa per tutti i quesiti.

Tutte queste considerazioni, che non escludono il riconoscimento del lavoro oggettivamente prodotto, delle battaglie importanti condotte alcune volte anche con successo, mi portano a dire che si poteva fare di più e meglio rispetto a quanto si è fatto.

Per questo ritengo che sia opportuno e doveroso indirizzare ancor di più le energie in alcune direzione che sembrano trascurate; ad esempio, non c’è dubbio che le risorse economiche sono state utilizzate spesso in maniera ipertrofica come citato dall’articolo di Massimo Crescimbene sul bilancio e come ci mostra Paola Fenzi sul costo abnorme delle consulenze.

Proviamo quindi a suggerire che quel che è stato prodotto e quel che è stato trascurato venga armonicamente ricollegato in una politica culturale più ampia e meno legata ad iniziative a volte anche importanti ma frammentarie nella loro logica.

L’Ordine ha il compito non solo di garantire, ma di sviluppare la professione nella sua immagine, nella sua visibilità, non relegandola in visuali riduttive; e questo è ancora da fare.

 

 

 

 

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