Articoli SIPAP NEWS n° 3/2001





Il prezzo della scelta

di Stefano Crispino.

Nei tanti incontri tenuti in campagna elettorale, mi è stato soprattutto chiesto se il denaro che i colleghi versano alla ENPAP servirà davvero ad assicurare loro una pensione dignitosa, o se invece si tratta di soldi buttati. Questo, più che vicende interne alle burocrazie dell'ente gestore, interessa ai colleghi.
Una domanda semplice nella sua formulazione e difficile per chi vuole cimentarsi a trovare una risposta. C'é una ragione forte che guida tutti verso questa domanda apparentemente banale.
Le nuove generazioni sono costrette a vivere la condizione di figli fino ad un'età che logora ogni entusiasmo per il futuro, ad accettare lavori precari e mal pagati pur di sfuggire a questa condizione di dipendenza familiare.
Al contempo, non appena immessi nel mercato del lavoro, si trovano a pagare i privilegi delle generazioni passate, tartassati da tasse e tributi che in gran parte sono destinati al mantenimento di un welfare che tutela i loro genitori e poco il loro futuro. E così questo cerchio perverso si chiude in una morsa senza uscita.
Per rispondere alla domanda, per capire cioè se davvero quelli che versiamo all'ENPAP sono soldi buttati, bisogna capire la differenza che intercorre tra la nostra previdenza, di tipo privato, e quella pubblica, come l'INPS.
Ogni centesimo di quello che ciascuno di noi versa, rimane in un proprio conto che nessuno potrà mai intaccare. Ad una condizione: che venga gestito con competenza.
Sta tutta lì la differenza tra il mondo previdenziale privato e quello pubblico. Se la gestione dei nostri risparmi è inodeguata ogni differenza tra questi due mondi si azzera, anzi si capovolgono le posizioni, in quanto lo Stato deve garantire comunque un qualche livello minimo di prestazione previdenziale, una cassa privata può dare ai propri iscritti solo quello che produce sulla base del capitale ricevuto. Ciò vuol dire che se produce poco o addirittura intacca il capitale, in altri termini i nostri risparmi, potrà dare poco -o anche meno- al momento in cui ne avremo bisogno.
Alla luce di questo semplice ragionamento si comprende il motivo della forza di quella domanda semplice e, al contempo, complessa.
Sono due i fattori da cui dipende I'entità della pensionefutura: il capitale costituito dai versamenti e il rendimento che I'ente di previdenza è capace di produrre a partire dal capitale versato. E' bene precisare che i rendimenti, nell'arco di venti o trenta anni, hanno una progressione esponenziale, cioè aumentano di anno in anno il capitale e producono a loro volta altri rendimenti. In sostanza un circolo virtuoso che può garantire rilevanti risultati. Per questo motivo l'entità della propria pensione non dipende da rendimenti elevati a due cifre percentuali, anche pochi punti all'anno in più si trasformano, in venticinque anni di versamenti, in un aumento del capitale per decine di milioni ed in una pensione più elevata di alcune centinaia di mila lire al mese (vedi grafico esplicativo pubblicato in questa pagina).
Certamente, tutto ciò non può bastare a compensare un basso livello contributivo. E' necessario, quindi, innalzare il più possibile la propria capacità produttiva ed il relativo versamento previdenziale.
Tuttavia un simile invito è possibile farlo a condizione che l'iscritto maturi una responsabilità verso se stesso ed il proprio futuro e, cosa ancora più importante, che l'iscritto sidi di di coloro che gestiscono i suoi sudati rlsparmi.
Con quale coraggio, allora mi chiedo, si possono invitare dei Colleghi, tanto più se giovani, a versare il poco o tanto che possono risparmiare, se non si può garantire loro che il tutto ha un senso per il loro futuro?
Un risparmio che non rende si trasforma subito in una tassa a perdere, esattamente il contrario di quello che si vuole costruire.
Gli stessi indici di rivalutazione fissati in accordo con i Ministeri vigilanti, da cui dipende l'accrescimento del nostro capitale, sono il frutto di una stima prudenziale al di sotto della quale il contributo versato per il nostro futuro si trasforma in un buto obbligatorio che nessuno vorrebbe pagare.
Gli iscritti possono però incidere, cambiare, com si diceva una volta, il corso della storia. Hanno il potere che ha qualificato le democrazie occidentali del ventesimo secolo: il voto. Un iscritto può determinare un risultato buono o uno cattivo. Certo non ha possibilità di scegliere se versare i contributi previdenziali, tanto meno può decidere a quale cassa iscriversi, in quanto tutto ciò è stato deciso dallo Stato. Ma di certo non dovrà pagare e basta, incrociando le dita e sperando che i propri risparmi producano quanto serve per assicurargli un tranquillo futuro da pensionato.
Un atteggiamento simile sarebbe deresponsabilizzante ed autolesionistico. Ogni iscritto ha il potere di partecipare alla gestione ed al perseguimento del risultato attraverso un metodo semplice, una scelta, il voto. Il metodo della democrazia comporta partecipazione e condivisione del rischio al momento di scegliere chi dovrà gestire il frutto del proprio lavoro. Quello della scelta è un momento difficile, anche questa volta si tratta simbolicamente di dare una risposta complessa ad una domanda semplice: chi sarà più competente, tanto da ottenere la mia fiducia e l'affidamento dei miei risparmi? Come fare ad individuare i colleghi più capaci?
Anche qui possiamo seguire il filo di un ragionamento semplice.
Si sceglie qualcuno sulla base della sua storia, della competenza mostrata in situazioni analoghe a quella per la quale si sta compiendo la scelta, della condivisione dei progetti presentati, della trasparenza mostrata. Tutto ciò può aiutare a scegliere con consapevolezza e ponderazione, anche se permarrà sempre un margine di errore.
In questa tornata elettorale, molti di questi elementi sono a disposizione di tutti gli elettori, se solo vorranno porgere la mano per averli.
Facciamo un esempio. Che fiducia puo riscuotere un candidato che si sposta da una lista all'altra al fine di mantenere la propria poltrona oppure quei colleghi che si candidano in entrambi i Consigli di Amministrazione e di Indirizzo Generale per avere più chance di essere eletti? Se va male in uno possono riuscire ad entrare nell'altro. Fanno come quei politici che si candidano nel collegio uninominale con il paracadute del proporzionale.
Che fiducia può esserci per candidati che non dichiarano i propri programmi e vengono indicati da gruppi di potere che stringono accordi ad escludendam, come se l'ente fosse un bottino da spartire? E ancora. Che pensare di quelle liste anonime o che targano i propri candidati con il nome dell'ente -"Lista ENPAP" o "Lista per l'ENPAP"-, confondendo o ingannando, di fatto, I'elettorato?
La SIPAP ha un suo stile, che tutti conoscono. Trasparenza nel dichiarare i propri candidati e i propri programmi elettorali. Nessun accordo trasversale ed occulto, nascosto agli occhi degli elettori. Si pone davanti visioni strategiche che hanno al centro l'interesse dell'intera comunità professionale. E soprattutto, al termine di un mandato, si impegna a rendere conto del proprio operato alla base elettorale che ha votato i propri candidati.
A questo punto viene da dire: "diffidate delle imitazioni". Di quelle sedicenti associazioni di liberi professionisti che nascono come funghi nell'imminenza della campagna elettorale, per sparire subito dopo il voto, oppure, all'inverso, che si dichiarano neonate, pur essendo state fondate da alcuni anni, per motivare in qualche modo la loro visibilità casualmente cercata nelI'imminenza del voto attraverso l'invio di fax ed e-mail.
Fermo qui il mio ragionamento. Non voglio invadere oltremodo lo spazio dei colleghi elettori. Anche se li invito a riflettere abbastanza prima di votare. I risultati dei primi tre anni sono sotto gli occhi di tutti. Si tratta di scegliere se si vuole perseverare dando fiducia ancora una volta a chi li ha prodotti o, come accade nelle democrazia avanzate, utilizare il semplice meccanismo delI'alternanza e del cambiamento.
Spero che i colleghi più giovani comprendano l'importanza di essere compartecipi nella costruzione del proprio futuro pensionistico. Il voto è l'unico e fondamentale mezzo di scelta e le scelte hanno un costo. Noi della SIPAP lo sappiamo bene e siamo disposti a rischiare di pagarlo. Le minacce legali e le varie querele contro di noi lo dimostrano.
Mi auguro che i 15.507 elettori non facciano come la cicala, ma si comportino con saggezza come la formica pensando al proprio futuro...
Noi abbiamo fatto la nostra parte: adesso tocca a Voi!

*Stefano Crispino
Presidente Nazionale della SIPAP