Io, libero professionista, sono un “Peones”
L’Aupi ingoia l’Enpap: liberi professionisti privi di ogni rappresentanza istituzionale
E così, dopo gli ordini, anche l’ente di previdenza dei liberi professionisti è passato in modo “bulgaro” al sindacato dei pubblici dipendenti: l’Aupi.
A poco vale il discorso che la rappresentanza libero-professionale c’è e che la lista degli eletti del sindacato è ricca di giovani colleghe libere professioniste.
La realtà è che sono solo portatrici d’acqua — giovani colleghe ingenue che nulla conteranno nelle decisioni e nelle scelte politiche dell’ente — o, peggio, colleghe ambiziose che si sono legate al sindacato dei pubblici dipendenti nella speranza di un” posto al sole”. Tanto è vero che il neo presidente è un uomo, segretario dell’Aupi regionale friulana, quindi dirigente nazionale del sindacato, e la neo coordinatrice del CIG, pur sempre una dipendente del SSN, anch’essa dirigente nazionale del sindacato.
Le ragioni della sconfitta della libera professione sono storiche.
La più endemica e grave è la totale mancanza di identità e radicamento nella immagine e nella esperienza libero-professionale.
Siamo tutti psicologi, certamente, sia i liberi professionisti che i dipendenti privati e i colleghi pubblico-dipendenti. Tuttavia la distanza che c’è tra un libero professionista e un pubblico-dipendente è, in metafora, la stessa che c’è tra chi che vive in un parco protetto e chi vive nella giungla.
La cosa curiosa è che coloro che vivono in un luogo protetto e sicuro con pasti assicurati si sono da sempre identificati con questo privilegio e hanno saputo organizzarsi per continuare a garantirselo, coloro che vivono liberi in un ambiente non sempre amichevole e comunque difficile, anziché mettere insieme le risorse per affrontare meglio le difficoltà che li accomuna, si rintanano nei propri rifugi e cercano di sopravvivere ognuno per conto proprio nella speranza di cavarsela.
E così chi ha già sicurezza la continua ad accresce ed ha il potere di assicurarsi sempre più privilegi, chi ha poco o nulla continua a non avere alcuna rappresentanza per curarsi dei propri interessi, per rispondere ai propri bisogni, in sostanza rimane un “peones”.
Si, io sono e mi sento un libero professionista “peones”!
Se i più di 55 mila psicologi liberi professionisti si alzassero ogni mattina e prima di bere un caffè o un thè si guardassero allo specchio recitando questo mantra “io sono e mi sento un libero professionista peones” forse, dopo qualche mese o anno, comincerebbero a sentire nascere e crescere dentro di sé un’embrionale consapevolezza del proprio stato.
Noi liberi professionisti sentiamo e viviamo sulla nostra pelle la difficoltà del nostro lavoro, ogni mattina ci alziamo, usciamo dalla nostra tana e dobbiamo decidere se siamo un leone o una gazzella, ma in tutti e due i casi dobbiamo correre più veloce di qualunque altro.
Eppure sarebbe semplice uscire da questa triste condizione di isolamento senza prospettive: basterebbe cacciare in branco, organizzarci, conquistare il “potere” inteso come possibilità di rispondere ai nostri bisogni e tutelate i nostri legittimi interessi.
E, invece, dal 1993 rimaniamo dei “peones”.
In quell’anno si sono costituiti gli ordini regionali e provinciali degli psicologi e da allora almeno il 75% di quegli enti sono stati governati dai dirigenti del sindacato Aupi. La rappresentanza del Consiglio Direttivo Nazionale dell’Aupi corrisponde per il 75% alla rappresentanza del Consiglio dell’Ordine Nazionale degli Psicologi. Mi domando a che serve spendere circa 1 milione e mezzo di € all’anno per gestire 21 presidenti regionali e provinciali; basterebbe dare in gestione direttamente al sindacato Aupi l’Ordine Nazionale degli Psicologi.
Gli iscritti agli ordini si sono triplicati, dai 20.000 iniziali sono diventati più di 60.000. Il divario iniziale tra liberi professionisti e pubblici dipendenti si è allargato al punto di giungere al 95% dei primi rispetto ai secondi. Eppure il 5% di pubblici dipendenti governa ancora oggi il 95% dei liberi professionisti.
La Sipap è su questo che dovrà riflettere il 16-17 maggio 2009, nell’ambito della propria Assemblea Nazionale. È dal 1995, appena due anni dopo la prima elezione degli Ordini, che un gruppo di liberi professionisti volenterosi si sono costituiti in associazione nazionale per combattere in rappresentanza dei liberi professionisti. Da allora nulla è cambiato, anzi più crescono come numero i liberi professionisti e meno rappresentanza ottengono. Se la Sipap non è riuscita fino ad adesso a costruire una identità da condividere con tutti coloro che esercitano ogni giorno la libera professione, se non è riuscita ad affrontare e superare la difficoltà, perfino risibile, di convincere ogni libero professionista dell’importanza di partecipare alle attività utili ai propri interessi, a cominciare da quello di andare a votare, non rimane che prendere atto che il suo tentativo è fallito e la sua funzione è finità. Se non vi sono possibilità meglio risparmiare energie e sciogliersi.
Fino ad oggi mi sono sempre chiesto cosa era possibile fare per i colleghi libero professionisti come me. Oggi comincio a domandarmi cosa è in grado ed è disposto a fare ogni singolo libero professionista per sé stesso e per tutti gli altri colleghi che condividono la sua stessa realtà.
Se la risposta è “nulla”, allora non resta che accettare consapevolmente il nostro destino da “peones”. Continuiamo a pagare gli Ordini gestiti da pubblici dipendenti del sindacato Aupi, continuiamo a versare i nostri soldi in un ente di previdenza in mano a pubblici dipendenti, che versano in un’altra cassa e banchettano con i nostri sudati risparmi.
Del resto in 16 anni di governo della categoria qualcuno ha visto cambiare qualcosa?