![]() |
||
|
||
|
Psicoterapia convenzionata: la fine della legislatura scongiura il pericolo dell’approvazione di una proposta di legge dai dubbi vantaggi per la cittadinanza e di sicuro danno per gli psicologi. di Stefano Crispino La crisi di governo e la conseguente fine della legislatura ha bloccato i lavori delle Commissioni parlamentari e quindi anche l’iter legislativo della proposta di legge sull’accesso alla psicoterapia. Per il momento è scongiurato il pericolo dell’approvazione di una legge che avrebbe fatto arretrare la posizione professionale degli psicologi di 20 anni. Ma è bene fare un breve riassunto delle recenti vicende dei lavori della commissione e del dibattito che ne è scaturito. Dal resoconto dei lavori della seduta del 16 gennaio 2008 della Commissione Affari Sociali si rilevava un impatto molto forte della campagna di protesta contro gli emendamenti lesivi della professionalità degli psicologi, di cui anche la SIPAP è stata protagonista. Segno tangibile che la voce degli psicologi non era rimasta inascoltata è stata l’apertura al dialogo con il presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi, dott. Giuseppe Palma e con il presidente della Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri dott. Antonio Panti, da parte dell’On. Cancrini. D’altro canto, dall’incontro del 22 gennaio scorso, non era lecito aspettarsi chissà quali sostanziali modifiche all’atteggiamento della Commissione. Infatti in questo incontro l’on. Cancrini si è limitato a giustificare il suo operato affermando di essersi dovuto adeguare, suo malgrado, al volere della maggioranza dei membri della commissione, dando ad intendere che di fronte a 40 persone che la pensano tutte allo stesso modo qualche ragione doveva esserci e aveva dovuto adeguarsi. Francamente, tale affermazione non sottolinea una adeguata capacità di rappresentanza politica, in quanto dimostra la difficoltà a gestire i rapporti con colleghi perfino della sua stessa parte politica (gli emendamenti proposti sono stati votati anche da esponenti del centrosinistra) e di essere piuttosto arrendevole rispetto alla difesa dei suoi stessi principi e dei diritti delle migliaia di elettori psicologi che gli hanno dato mandato di rappresentare in sede parlamentare la psicologia e la professione psicologica. Anche a costo di dimettersi da relatore della PdL, per scongiurare tale vulnus alla nostra competenza professionale, il prezzo era da pagare. Dall’incontro del 22 gennaio non è emersa la benché minima volontà di tornare sui propri passi, anzi lo stesso Cancrini ha affermato che gli emendamenti sono stati approvati e non possono essere più modificati. Su di una posizione altrettanto oltranzista si è attestato il dott. Antonio Panti, presidente della FNOMCeO, il quale ha sostenuto la tesi secondo la quale è un dato di fatto che la diagnosi debba essere fatta solo dai medici. Un atteggiamento questo, simile a quello degli uomini di Chiesa quando affermano che Dio esiste e non si può discutere questo assioma. A sostegno di questa posizione cita il secondo comma dell’art. 3 della legge 56/89 che recita: “Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica”. Panti ha interpretato tendenziosamente questo passaggio della legge nel senso che gli psicologi non possono effettuare la diagnosi, ignorando altrettanto intenzionalmente l’art. 1 dove si stabilisce esplicitamente che l’attività di diagnosi è propria della professione degli psicologi. Il secondo comma dell’art. 3 sta a significare che gli psicologi non possono diagnosticare sintomatologie mediche o dare spiegazioni organiche a disturbi psicologici, ma hanno piena legittimità nel dare interpretazioni di carattere puramente psicologico a quadri di sintomi di disagio psichico. Riteniamo che non avesse senso organizzare un incontro con il presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi quando non si aveva minimamente intenzione di mettere in discussione gli emendamenti lesivi della professione psicologica, anzi si procedeva a passo svelto per giungere ad una “tempestiva conclusione dell’esame del provvedimento” (testuali parole dell’on. Di Girolamo). Su posizioni più nette si era attestato l’on. Di Virgilio, il quale anche lui aveva aperto ad una possibilità di dialogo mentre, contemporaneamente, aveva affermato nella seduta del 19 gennaio della Commissione Affari Sociali che: “un dato fondamentale del testo in esame è l’aver previsto che la diagnosi clinica debba essere fatta dal medico”. Infine, netto è stato il rifiuto al dialogo da parte del presidente della commissione, l’On. Mimmo Lucà, il quale aveva detto che è: “…del tutto inopportuna qualunque iniziativa si voglia attivare, se non a titolo personale da parte dei singoli componenti della Commissione, al fine di dare ascolto a chi si è reso autore di tali ingiustificati ed offensivi attacchi alla dignità del presidente e di tutta la Commissione.”. Ci sembra del tutto fuori luogo questo commento in considerazione del fatto che non ci risultano attacchi alla persona del presidente Lucà (il quale se ne ha ricevuti farebbe bene a citare gli autori). È evidente come i segni di insofferenza di alcuni membri della Commissione fossero legati al fatto che ci si stava rendendo conto che ci si doveva confrontare con un soggetto sociale attivo e combattivo che non intende rinunciare a difendere i propri diritti e quelli degli utenti. La psicologia ha già svolto in passato in Italia un ruolo fondamentale nel gettare le basi culturali per la grande riforma della salute mentale che si è concretizzata con la legge 180. Sulla scia di questa filosofia la SIPAP continuerà a ribadire che provvedimenti come questa PdL contribuiranno a ripristinare l’egemonia della psichiatria nell’ambito della salute mentale e a produrre una conseguente cronicizzazione del disagio psicologico. Fin dal 2000 la SIPAP è stata protagonista nella battaglia per la ratifica di una legge che agevolasse l’accesso alla psicoterapia convenzionata, raccogliendo fino a 5000 firme. Nonostante questo non ci facciamo illusioni sulla reale possibilità che questa legge venga mai approvata, anche alla luce delle recenti vicissitudini della decaduta proposta di legge. Soprattutto non siamo convinti che la ratifica di questa legge comporti un reale miglioramento della qualità dei servizi di salute mentale. È necessario un sostanziale cambiamento a livello culturale che spinga gli operatori a svolgere il proprio lavoro secondo i principi della prevenzione e del trattamento individualizzato. Una siffatta legge non è sufficiente a modificare la prassi attuale secondo la quale la risposta più frequente al disagio psicologico è il contenimento farmacologico dei sintomi.La SIPAP, se questa proposta di legge dovesse essere ripresa in esame nella nuova legislatura, non esiterà a dare battaglia per il ritiro di un testo di legge che sicuramente lede la professionalità degli psicologi e dà ulteriore potere alla classe medica, mentre dubbi sono i vantaggi che essa può portare ai cittadini.
|
|