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Riforma Basaglia: presentato DDL per nuove norme sul Trattamento Sanitario Obbligatorio

 

Aumentano le misure coercitive, mentre chi attendeva provvedimenti per la socializzazione dei malati psichiatrici rimarrà deluso.

 

di Lelio Bizzarri.

 

Il 6 maggio 2008 è stato presentato alla Commissione IGIENE E SANITA’ (Commissione XII) del Senato, su iniziativa dei Senatori Carrara, Bianconi e Colli, il disegno di legge n. 348,  per la modifica degli articoli 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 riguardanti l’assistenza psichiatrica. In questi articoli vengono  regolamentate le misure di Trattamento Sanitario Obbligatorio, secondo le direttive della legge 13 maggio 1978 n. 180 (la cosiddetta Riforma Basaglia). Questa ultima, dopo 72 anni mandava in soffitta la legge 14 febbraio 1904 n. 36 che stabiliva che: “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sè o agli altri o riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi. Sono compresi sotto questa denominazione, agli effetti della presente legge, tutti quegli istituti, comunque denominati, nei quali vengono ricoverati alienati di qualunque genere.” (Art. 1).

Una Riforma importantissima quella promossa dallo psichiatra Franco Basaglia co-fondatore del movimento Psichiatria Democratica il quale culminò con la ratifica della legge 180 che prevedeva tra le altre cose la chiusura degli istituti manicomiali e l’attivazione di servizi di rete per l’assistenza e l’integrazione sociale dei malati psichici. Si chiudeva, così, un capitolo nero dell’assistenza psichiatrica, più di settanta anni di storia del nostro Paese durante i quali persone affette da disturbi psichici, persone con ritardo mentale più o meno grave, disabili motori e sensoriali, bambini orfani o semplici persone sole e indigenti, sono state rinchiuse in veri e propri lager fatiscenti, senza assistenza e senza nessuna speranza di riabilitazione.

D’altro canto la Riforma Basaglia è stata anche ampiamente criticata, per il fatto che i servizi di assistenza e di sostegno ai pazienti dimessi dagli istituti manicomiali e alle loro famiglie, non furono attivati in maniera sufficiente ribaltando sulle famiglie l’onere dell’assistenza e della cura dei familiari bisognosi di aiuto o nel peggiore dei casi, abbandonando a loro stessi i pazienti.

Da più parti, quindi, sono stati richiesti interventi per ovviare a questa situazione e per rendere più dignitosa la vita fuori dagli istituti, per continuare il trattamento delle patologie anche dopo la dimissione, per costruire una rete di amicizie, per riallacciare  i rapporti con i familiari (laddove necessario), in sostanza, per permettere ai pazienti di riprogettare la propria vita (lavoro, studio, famiglia, ecc.).

Accanto a questi interventi positivi, sono state invocate da alcuni settori della società facenti riferimento ad Alleanza Nazionale (vedi programma di governo Quarta missione 1° punto: Sanità) e a Forza Italia (programma Punto 7° Sanità), misure restrittive per prevenire drammatici fatti di cronaca nei quali alcuni ex-pazienti di manicomi si sarebbero resi artefici di crimini violenti a causa della loro patologia.

Si arriva così al 6 maggio 2008 giorno in cui viene presentato alla Commissione XII del Senato il disegno di legge n. 348 il quale ha come unico ed esclusivo obiettivo quello di rendere più “snelle le procedure per l’autorizzazione al Trattamento Sanitario Obbligatorio”.

Vediamo ora in dettaglio come vengono riscritti gli articoli della legge 833/78 in tema di Trattamento Sanitario Obbligatorio.

Innanzitutto prendiamo in esame l’art. 2 del disegno di legge che interviene a modificare l’art. 34 della succitata legge. La modifica più evidente e dalle conseguenze più gravose è sicuramente quella che interessa il comma 4 di questo articolo il quale specifica le condizioni per le quali è legittimo ipotizzare un provvedimento di TSO e che recita come segue: “Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell'articolo 33 da parte di un medico della unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma”. È evidente da quanto abbiamo riportato che il TSO è da intendersi come estrema ratio e da attuare solo nei casi in cui non sia più possibile prendere efficaci misure alternative. Inoltre, si prevede che la proposta di un medico generico debba essere convalidata da un medico dell’Unità Sanitaria Locale (l’attuale Azienda Sanitaria Locale), ciò  proprio per non lasciare ad un’unica figura professionale l’onere di suggerire un provvedimento così drammatico.

Riportiamo ora come dovrebbe essere modificata questa parte della legge successivamente alla ratifica del ddl n. 348: “Il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) può essere proposto nei confronti del malato per il quale il medico proponente, di cui all’articolo 33, terzo comma, certifichi lo stato di malattia psichica e la necessità di cure medico-psichiatriche indifferibili a cui il paziente si oppone assolutamente. Può essere altresì, proposto nei confronti del malato che si sottrae attivamente alla valutazione medica e per il quale il medico possa motivare il ragionevole sospetto di stato di malattia psichica necessitante di urgenti cure psichiatriche.”. Salta immediatamente agli occhi come siano spariti dal nuovo comma le raccomandazioni a ricercare soluzioni alternative e a ricorrere al TSO solo nei casi di gravissima alterazione mentale (come ad esempio uno stato psicotico paranoide con possibilità di comportamenti violenti). Inoltre, aspetto ancor più inquietante il Trattamento Sanitario Obbligatorio può essere proposto anche nei casi in cui una persona si rifiuta di farsi visitare, mentre il medico (che può essere anche un medico generico) ha il “sospetto” di uno stato di malattia psichica che necessità cure psichiatriche urgenti. Sentir parlare di sospetto in un contesto come questo fa venire letteralmente i brividi... sembra di sentir usare un linguaggio di altri tempi.

Prendiamo ora in considerazioni quali sono le procedure e i tempi affinché venga adottato un provvedimento di TSO e come, invece, cambieranno se verrà ratificato il Disegno di Legge.

L’art. 35 della legge 833/78 prevede che su proposta del medico, successivamente convalidata da un medico della ASL, il sindaco del Comune in cui risiede il soggetto in questione renda effettivo il provvedimento entro 48 ore (2 giorni): tempo questo che sembra ragionevolmente lungo per prendere seriamente in considerazione la proposta del medico, ascoltare pareri ed eventualmente verificare se i familiari della persona interessata sono d’accordo con il provvedimento oppure hanno intenzione di presentare ricorso. Al contrario, l’art. 3 del Disegno di Legge (che va a modificare il succitato art. 35) prevede che il sindaco trasformi la proposta del medico in provvedimento esecutivo entro 12 ore. Con la nuova modalità quindi ci sarà un tempo decisamente esiguo per prendere una decisione così importante e il rischio  che la fretta possa essere cattiva consigliera non è così tanto remoto. Inoltre, altra differenza macroscopica sarà relativa al fatto che, mentre adesso l’ordinanza sindacale deve essere ulteriormente convalidata dal Giudice Tutelare entro 48 ore dalla sua emissione, con l’introduzione delle norme previste dal Disegno di Legge la decisione se prolungare il TSO o annullare il provvedimento passa allo psichiatra responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura Ospedaliero (SPDCO) dove il soggetto in questione deve essere accompagnato a seguito dell’ordinanza sindacale. Con la nuova stesura dell’art. 35 verrà, quindi,  completamente ribaltata la logica rispetto al ruolo del Giudice Tutelare, il quale, mentre adesso è tenuto ad esprimersi rispetto al provvedimento preso dal sindaco sia in senso positivo, ratificandolo a sua volta, sia in senso negativo, annullandolo, in futuro dovrà intervenire solo se intende annullare il provvedimento del sindaco, il che di norma accade solo se qualcuno (ad es. familiari) presenta ricorso.

Se il Giudice Tutelare non prende posizione avversa all’ordinanza sindacale, tutto passa in mano allo psichiatra responsabile del SPDCO il quale ha il compito entro 48 di decidere se:

§        Dimettere il paziente e annullare il provvedimento di Trattamento Sanitario Obbligatorio Ospedaliero (TSOO);

§        Trasformare il provvedimento di TSOO in Trattamento Sanitario Volontario (TSV);

§        Confermare l’ordinanza sindacale e attuare il TSOO.

Lo psichiatra ha solo l’obbligo di comunicare al sindaco e al giudice tutelare la sua decisione, pena l’annullamento del provvedimento preso.

In sintesi nel giro di meno di 2 giorni e mezzo una persona che presenta dei disturbi psichici può ritrovarsi ricoverata in un reparto psichiatrico di un ospedale  contro la propria volontà.

Il peggio, però, deve ancora venire dato che attualmente la legge prevede che il TSOO duri di norma 7 giorni e un suo prolungamento oltre questo termine debba essere motivato dal medico e successivamente approvato dal sindaco e dal giudice tutelare. Con le nuove norme, il TSOO può durare fino a 30 giorni, termine oltre il quale il provvedimento dovrebbe decadere automaticamente, salvo richiesta dello psichiatra del SPDCO e successiva approvazione per ordinanza sindacale. Anche in questo caso il giudice tutelare non è tenuto ad approvare la proroga, ma solo eventualmente ad annullarla o a disporre accertamenti circa la legittimità della stessa.

Se, invece, viene predisposto il ricovero in un servizio extra-ospedaliero (ad es. una Comunità Terapeutica) la durata “naturale” del trattamento diventa di sei mesi!

Infatti, il disegno di legge intende introdurre l’art. 35-bis nella legge 833/78 istituendo i cosiddetti Trattamenti Sanitari Obbligatori extra-ospedalieri. Questa modalità di trattamento può essere attuata “Nei casi in cui, successivamente alla prima naturale scadenza del TSOO, di cui all’articolo 35, comma 7, il malato versi in condizioni psichiche che richiedano l’applicazione di idoneo trattamento terapeutico riabilitativo territoriale di medio o lungo periodo a cui il malato, per ragioni di malattia, si opponga...” come recita il 1° comma dell’art. 4 del Disegno di Legge. In altre parole se dopo il primo mese di ricovero in ospedale il paziente mostra ancora sintomi psicopatologici, può essere costretto a seguire un trattamento presso un Centro di Salute Mentale (risiedendo nel proprio domicilio) oppure a ricoverarsi in una Comunità Terapeutica per mesi e forse anni (anche il termine di 6 mesi per TSO extra-ospedaliero può essere prorogato previo parere favorevole di un commissione psichiatrica che segue il caso, secondo quanto previsto dall’art. 35-quater, introdotto dal Disegno di Legge).  Si pongono, così,  problemi etici e teorici di grande rilevanza, visto che si intende trasformare il TSO, da estremo rimedio a situazioni patologiche gravi e che pongono questioni di pericolosità per sè e per gli altri del malato,  in una prassi terapeutica di più ampio utilizzo. Di fronte a questo ribaltamento di logica diventano poca cosa i tentativi di istituire forme di tutela quali il vincolo delle Comunità Terapeutiche a non ospitare più di 20 degenti o la formazione di commissioni psichiatriche che vigilino sulla legittimità delle proroghe dei TSO-extraospedalieri (art. 35-ter introdotto dal Disegno di Legge).

Non è difficile, infatti, immaginare come il ricovero in una comunità per sei mesi insieme ad altri 19 utenti con svariate patologie psichiche e/o intellettive possa risultare alienante e aggravare lo stato psicopatologico di un paziente a tal punto da giustificare il rinnovo del provvedimento di Trattamento Sanitario Obbligatorio. Per non parlare poi dei casi di abuso e incuria che avvengono quotidianamente nelle CT, ampiamente documentati dalla cronaca del recente passato, i quali possono addirittura produrre una regressione tale dal giustificare un nuovo TSOO. È proprio alla luce dei diffusi e ripetuti casi di maltrattamenti, che mi sembrano troppo sbrigative le dichiarazioni dei firmatari del Disegno di Legge con le quali affermano che: “Tale procedura (quella adottata dall’attuale legge 833/78, nda), piuttosto gravosa e articolata, è stata originariamente pensata per evitare rischi di abuso e per assicurare all’infermo di mente idonea tutela giuridica nella fase della decisione amministrativa. Tuttavia tali rischi si sono dimostrati inesistenti e sicuramente contrastati sufficientemente dall’azione degli stessi psichiatri del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura ospedaliero (SPDCO), cosicché la procedura è divenuta solo un inutile ostacolo alla cura e all’assistenza obbligatoria del malato.” e con le quali vorrebbero liquidare ogni perplessità e resistenza nell’adottare il TSOO.

Inoltre, detta prassi terapeutica risulterebbe essere un anacronismo anche dal punto di vista teorico, alla luce dei risultati delle recenti ricerche (APA, 2001 ed. it. ASPIC, 2004) condotte da John Norcross e colleghi membri della 29° Divisione dell’American Psychological Association, secondo i quali proprio l’alleanza terapeutica, il coinvolgimento del paziente nella psicoterapia e la condivisione degli obiettivi della stessa tra paziente e terapeuta, sarebbero fattori curativi imprescindibili. È superfluo a questo punto sottolineare come queste condizioni così importanti per il successo di una terapia psicologica, siano incompatibili con qualsiasi forma di trattamento obbligatorio.

Una enorme lacuna si evidenzia quindi nel Disegno di Legge (cosi come del resto nella legge 833/78), ovvero la mancanza della definizione dei destinatari del TSOO e dei suoi obiettivi. In altre parole, a quali patologie è legittimo estendere questo tipo di  provvedimenti? Alle psicosi che conducono ad un rischio di aggressione verso altre persone? Ai Disturbi dell’Umore che possono determinare comportamenti auto-lesionisti irreparabili? Alle forme di Anoressia Mentale che rischiano di debilitare irrimediabilmente l’organismo? O a tutte le forme di Disturbi Psichiatrici e Deficit Intellettivi che non implicano un livello significativo di pericolosità sociale, ma pongono solo questioni di assistenza, cura e integrazione sociale?

Inoltre, se è vero che non tutte le persone affette da Disturbi Psichiatrici possono arrecare danno a sè e/o agli altri, è altrettanto vero che le persone non affette da Disturbi Psichiatrici possono essere pericolose per la società: ad esempio uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità (mettere link) ha dimostrato la strettissima correlazione tra abuso di sostanze psicotrope (stupefacenti, alcol, psicofarmaci, ecc.) e incidenti stradali. Secondo la logica della “tutela sociale” si dovrebbe applicare il TSOO anche ai casi di abuso e dipendenza da sostanze!

Ancora, quali obiettivi deve proporsi il TSOO? Far rientrare i sintomi più gravi (deliri paranoidi, allucinazioni, ideazioni suicide, ecc.) o condurre il paziente alla guarigione? E in questo secondo caso, che succede a quanti sono affetti da forme psicopatologiche inguaribili quali la Schizofrenia o il Ritardo Mentale o l’Autismo?

Tutte questioni alle quali gli onorevoli Senatori firmatari del Disegno di Legge non hanno messo, per cosi dire, penna, ma che a mio parere chi volesse migliorare la Riforma Basaglia dovrebbe affrontare.

In conclusione, il grande capitolo dell’Assistenza Psichiatrica non può essere ridotto alla questione del Trattamento Sanitario Obbligatorio, molte altre questioni vanno affrontate, quali l’integrazione dei modelli biologico, psicologico e sociale per la comprensione ontologica della psicopatologia psichiatrica, così come quella dei contributi che possono dare la psicofarmacologia, la psicoterapia, la psicologia di comunità per curare e accrescere la Qualità della Vita di queste persone.

Elencare le strategie per la socializzazione delle persone affette da disturbi psichiatrici esula dall’obiettivo di questo lavoro. Posso, però, dire in estrema sintesi che non ritengo la coercizione uno strumento di prevenzione e cura della psicopatologia, al contrario molto occorre lavorare per creare un tessuto sociale in grado di accogliere e integrare le persone con disabilità psichica dando loro sostegno psicologico, sociale ed economico.

A questo proposito molto possono i fare i colleghi psicologi con la creazione di laboratori, gruppi di incontro, servizi di sostegno psicologico ai familiari, gruppi di supervisione per gli operatori, oltre, ovviamente,  a rilanciare il contributo della psicoterapia accanto alla terapia farmacologica.

È ora che la psicologia cominci a dire la propria anche su questi ambiti della psicopatologia per troppo tempo lasciati ingiustificatamente sotto l’esclusiva egida della psichiatria. È tempo che gli psicologi diano un contributo significativo alle grandi riforme del vivere sociale!

 

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